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Jean-LouisAndré Théodore Géricault

 

Jean-Louis André Théodore Géricault è stato un pittore francese esponente dell'arte romantica.
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Théodore Géricault nasce in una famiglia parigina, ma originaria della Manica, che dopo cinque anni dalla sua nascita si trasferisce a Parigi (1796). Cresce in un ambiente solido e facoltoso, il che gli garantisce una buona e regolare istruzione presso il Lycée Impérial. Presto il giovane Géricault scoprirà le sue passioni, quella artistica e quella militare, entrambe accomunate dall'amore profondo per i cavalli. Cavalli che saranno oggetto di numerosi studi e dipinti. L'agiatezza economica verrà a mancare solo poco prima della sua morte precoce, avvenuta dopo una lunga e dolorosa agonia, a causa di una caduta da cavallo e, assai probabilmente, di una malattia venerea.
I suoi studi artistici iniziano con l'ingresso nell'atelier di Carle Vernet, dove conosce anche il figlio, Horace Vernet, e proseguono nell'atelier di Pierre-Narcisse Guérin, per poi completarsi nella Scuola di Belle Arti di Parigi.
La sua fama inizia nel 1812 quando presenta al Salon il quadro Ufficiale dei Cavalleggeri della Guardia imperiale alla carica. Nato dall'osservazione al mercato di un cavallo impennatosi mentre trainava un carretto, e poi trasformando il soggetto in eroico grazie ad un amico ufficiale (Dieudonné, luogotenente delle Guide) che posò per il cavaliere, e grazie ai consigli per la posa fatti dal barone d'Aubigny. Il momento storico che contemplava le vittorie di Napoleone rese ancora più apprezzabile il dipinto. Al Salon del 1814 l'artista espose la tela col Corazziere ferito che abbandona il campo di battaglia (Parigi, Louvre), dove pur conservando il tono epico dei quadri di storia in accordo col nuovo clima romantico, sostituisce alla consueta celebrazione della vittoria, la rappresentazione della sofferenza e della dignitosa sconfitta in una visione antieroica, almeno secondo l'iconografia tradizionale, caratterizzata dall'incertezza nell'incedere e nella difficoltà di tenere a, freno il cavallo sul terreno scosceso. Sia il fatto che il momento sfavorevole per le campagne napoleoniche rendeva poco felice il soggetto, sia il fatto che le proporzioni fra cavallo e corazziere non erano sentite corrette (i primi studi per il quadro non prevedevano il cavallo), fece sì che Géricault non potesse riottenere il successo di due anni prima.
Nel 1816 partecipa al Prix de Rome (premio che, sulla base di una selezione molto dura a forma di concorso a più prove, dava una borsa di studio per studiare un anno a Roma, considerata città dell'arte per eccellenza) senza però avere successo. Ma Géricault decide di recarsi comunque in Italia, a proprie spese, anche perché desidera troncare la relazione amorosa con Alexandrine Caruel, sua zia acquisita , sperando che una lunga separazione potesse sanare l'insostenibile situazione.
In Italia studia intensamente l'arte e la tecnica italiana (apprezzando e imitando, in alcuni fra i suoi migliori lavori, il colorismo veneto di Tiziano e Tintoretto), soprattutto durante il suo soggiorno a Firenze. A Roma immortalerà i suoi amati cavalli ritraendoli alla "Corsa dei cavalli barberi" e nella campagna romana.
Rientrato nel 1817 a Parigi, Géricault si accorge che la relazione con la giovane zia non si è affatto conclusa, ma gli darà anche un figlio, Ippolito Giorgio.
Decide allora di dedicarsi maggiormente al disegno, utilizzando la litografia, in auge proprio in quegli anni, e che consentiva una grande espressività. Temi preferiti sono quelli sociali: la sua attenzione è attratta dalla sofferenza umana, dalla sconfitta, dalla tragedia. Di questo periodo sono da ricordare le litografie Ritorno dalla Russia, dedicata ai soldati francesi feriti e stremati che ritornano dalla disastrosa campagna militare, e La guardia del Louvre in cui illustra una notizia letta sul giornale, di un mutilato di guerra che, scambiato per mendicante, viene allontanato dal Louvre da un guardiano; il veterano, allora, apre il cappotto mostrando le medaglie, nel plauso degli astanti, provocando il giusto imbarazzo del guardiano, che forse fino a quel momento si sentiva orgoglioso e superiore agli altri per la divisa d'ordinanza che porta, e ora ha davanti un vero eroe.
Proprio questa passione per l'indagine della realtà lo porta ad occuparsi di cronaca. Mentre sta studiando il caso dell'omicidio di un giudice, viene raggiunto dalla sconvolgente cronaca di un tragico naufragio occorso nel 1816. Siamo nel 1818 e solo ora arrivano al pubblico le notizie circa questo fatto che il Governo vuole insabbiare. La fregata Meduse stava trasportando, insieme ad altre navi, una delegazione francese nella Colonia senegalese di St. Louis. A bordo c'erano circa 400 persone. Il 2 luglio 1816 (al quattordicesimo giorno di navigazione) la Meduse naufragò su una secca. Le scialuppe erano insufficienti e si costruì una zattera per ospitare i naufraghi rimasti senza mezzo di salvataggio. Erano centoquarantanove uomini, stipati sulla zattera. Ben presto (incomprensibile il motivo) venne tagliato il cavo che permetteva il traino della zattera da parte delle altre scialuppe. La zattera fu abbandonata ai flutti e non si fece nulla per soccorrerla. Iniziò (ed è questo che colpisce Géricault) una dura lotta per la sopravvivenza. Alcuni, moribondi, vennero buttati a mare, la fame, la sete e la disperazione diedero origine persino ad episodi di cannibalismo. Dodici furono i giorni dell'abbandono e della lotta, e quando una nave, l'Argus, raccolse i naufraghi, essi erano solo in quindici e tutti moribondi. Significa che ben centotrentaquattro furono i morti in quei terribili dodici giorni passati nell'angosciante coscienza di avere la morte a bordo. Inizialmente Géricault pensò di ricavarne una serie di litografie che illustrassero l'intera vicenda. Poi gli venne l'idea di farne un unico, grande, quadro, che prevedesse anche l'episodio di cannibalismo, significativo per illustrare la disperazione. Prese uno studio vicino all'Ospedale, e studiò dal vivo malati, moribondi, cadaveri, copiando persino pezzi anatomici (teste, braccia, piedi) da utilizzare per indicare il cannibalismo. Chiese, poi, agli amici di fargli da modelli per comporre la scena (fra cui un amico con l'itterizia, scelto come perfetto per il ruolo). Fra i modelli da segnalare l'amico pittore Eugène Delacroix (che è l'uomo morto in primo piano a sinistra).

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